Classica

250 anni dalla morte di Giuseppe Tartini. Ma le celebrazioni dovranno essere ripensate

Pirano, il monumento a Giuseppe Tartini
Pirano, il monumento a Giuseppe Tartini

La storia del sogno ed il patto con il demonio, da cui scaturì la celebre sonata Il trillo del diavolo, li raccontò Tartini stesso all'astronomo Jérôme Lalande. Liberi di crederci o meno...

Amava il tintinnio delle lame, il giovane Giuseppe Tartini, venuto al mondo l'8 aprile 1692 nella placida Pirano d'Istria. Al punto da divenire uno schermidore di primo rango, pare uno dei migliori d'Italia. Carattere forte ed impulsivo, amava andare controcorrente: il padre lo voleva ecclesiastico, lui andò a studiar legge a Padova, dove nel 1710 convolò a segrete nozze con la giovanissima Elisabetta Premazore. Destando le ire della sua famiglia, ma sopra tutto del potente zio della sposa, arcivescovo della città veneta. 

La ragazza finì in convento, lui dovette fuggire e vagare per mezza Italia, sino ad approdare ad Assisi, ospite dei Frati Minoriti. Due anni preziosi per approfondire gli studi musicali con il celebre Padre Boemo – Bohuslav Černohorský – che ne fece un ottimo violinista ed un compositore ragguardevole, mettendo a frutto un naturale talento ed un'applicazione operosa. Anche perché, a questo punto, i bollenti spiriti del giovane s'erano un po' calmati.

Il sogno de Il trillo del diavolo

Inatteso, il perdono dello zio arcivescovo

Ottenuto infine il perdono del potente primate padovano e riunitosi con la sposa, Tartini lavorò per un paio d'anni come orchestrale ad Ancona, dove iniziò ad elaborare la teoria del “terzo suono”. La risonanza secondaria cioè della terza nota di un accordo, quale si manifesta suonandone le due note superiori. Scoperta che – una volta messa su carta - ne fece un teorico di fama europea. 

Rientrato in Veneto, l'incontro con Francesco Maria Veracini, celebre artista che stava esplorando tutte le possibilità del violino, lo spinse ad approfondire e migliorare sempre di più la tecnica dell'arco, con esercizio continuo ed appassionato. Nel volgere di un biennio divenne un virtuoso così eccellente e noto, da essere chiamato nel 1721 a dirigere, con condizioni di favore, l'orchestra della prestigiosa Basilica di Sant'Antonio in Padova. 

La Basilica di Sant'Antonio a Padova

Dopo tanto girovagare, mettere radici

Nella Città del Santo Giuseppe Tartini avrebbe messo radici e lavorato sino alla morte, sopravvenuta il 26 febbraio 1770. Tranne una parentesi di tre anni – dal 1723 al 1726, ospite della corte di Praga – e qualche occasionale viaggio per esibirsi a Venezia, Roma, Bologna ed in altri centri. Svolse le sue mansioni nella Cappella Antoniana sino a quando la salute lo permise, cioè sino al 1765. Compositore fecondo – sopra tutto di musica strumentale, meno incline a quella sacra, negletto il teatro – lasciò man mano da parte l'attività creativa per dedicarsi alla riflessione teorica, anche tenendo contatti con illustri scienziati. 

Ci rimangono quasi 200 sonate a 1, 2, 3, 4 archi da chiesa e da camera, circa 135 concerti per violino, qualcuno per flauto e cello, alcune altre composizioni strumentali. Opere in gran parte arrivate manoscritte; poche quelle pubblicate, fra cui le 50 variazioni de L'arte dell'arco, e la (sin troppo) celebre sonata Il trillo del diavolo

Fu pure un ricercato insegnante del suo strumento: alla Scuola delle Nazioni, da lui fondata nel 1728, accorrevano allievi d'ogni parte d'Europa. Molti divenuti famosi, come Pietro Nardini – l'allievo prediletto, che lo assistette nel trapasso - Pasquale Bini, Domenico Dall'Oglio e Antonio Salieri. E se qualcuno aveva talento ma non denari, le lezioni erano gratis.

Ritratto di Tartini, di George Donce

Una previsione di festeggiamenti. Bilancio per ora amaro

Si doveva far festa, per questa ricorrenza, in Veneto e in Istria, all'insegna del progetto DiscoverTartini. Chissà come andrà a finire. Intanto sono già saltati - a Pirano, a Trieste, a Padova - i concerti iniziali di quello che doveva essere un Anno Tartiniano

Speriamo poter godere quelli successivi, che dovrebbero coinvolgere violinisti del calibro di Uto Ughi, Salvatore Accardo e Giuliano Carmignola, e formazioni di prestigio quali I Solisti Veneti, l'Ensamble Aurora e L'Arte dell'Arco. Covid 19 permettendo.